Non si confonda la democrazia diretta con la
partecipazione consapevole alla determinazione delle scelte
La democrazia partecipata non
è solo un click
di Paolo Gelsomini
Unanota della sindaca Virginia Raggi e dei consiglieri del M5S di Roma Capitale
annuncia che dopo 23 anni dall’ultimo regolamento in materia di partecipazione
popolare è stata presentata una proposta di delibera di modifica dello Statuto
di Roma Capitale per introdurre nuovi strumenti di democrazia diretta:
referendum propositivo, abrogativo e consultivo senza quorum, bilancio
partecipativo, petizioni popolari elettroniche e consultazioni online.
Bastano
questi istituti, peraltro già previsti dalla Deliberazione del Consiglio
Comunale n. 101 del 14 giugno 1994, per
parlare di partecipazione polare inclusiva ai processi di trasformazione ed
alla gestione dei servizi?
E’
sufficiente integrare con una piattaforma elettronica i suddetti istituti,
rendendo tutto digitalizzato, per portare “i cittadini e le comunità locali a
governare la città”?
L’”intelligenza
collettiva del web” è espressione di consenso o di dissenso, pronunciamento,
parere, voto. Perché chiamarla “intelligenza collettiva”? E’ una sommatoria di volontà espresse con un
click in perfetta solitudine e quasi sempre senza un reale e largo confronto
sociale.
L’intelligenza
collettiva viene dal confronto, dal conflitto dialettico, dall’ascolto, dalla
trasformazione di idee e proposte maturate all’interno di veri forum
partecipativi. Il web può essere solo un supporto dei forum ma non li può
sostituire perché la platea elettronica è autoreferenziale e limitata
socialmente e tecnicamente a gruppi di cittadini escludendone altri.
Spesso
tra soggetti in rete ci si scambia insulti più che informazioni, affermazioni
apodittiche più che idee compiute da confrontare, certezze dannose più che salutari dubbi.
Si
può stare soli dentro una cabina elettorale ed anche davanti ad un computer, ma
per forme di democrazia indiretta quali quelle del voto politico o
amministrativo, o per forme di democrazia diretta come i referendum (senza
quorum come dice la nota della Sindaca?) e le petizioni. Non si può stare soli
in un processo partecipativo.
Il
processo partecipativo è un’altra cosa e non è uno strumento di democrazia
diretta.
A
dimostrazione dell’amnesia riguardo alla partecipazione, la nota della Raggi e
dei consiglieri M5S esordisce affermando che l’ultimo regolamento in materia di
partecipazione popolare è di ben 23 anni fa dimenticandosi di dire che nel 2006
è stato varato un Regolamento per l'attivazione del processo di
partecipazione dei cittadini alle scelte di trasformazione urbana, con Delibera
del Consiglio Comunale n.57, che, pur se caratterizzato dal suo supporto al
Piano regolatore Generale del Comune di Roma varato in quegli anni, è pur
sempre un testo che offre da oltre dieci anni al Comune l’opportunità di varare
regolamenti attuativi della partecipazione che non sono mai arrivati. E questo
che sta per arrivare, targato M5S, non ne interpreta certo il contenuto né
tantomeno lo arricchisce.
Quel
Regolamento della delibera 57 del 2006, tra l’altro contiene nelle premesse i
seguenti contenuti ampiamente condivisibili:
“…. Che, per processo partecipativo, si
intende il coinvolgimento di tutti gli attori sociali, che sia pienamente
inclusivo e non limitato a categorie sociali o gruppi economici e/o gruppi
organizzati e associazioni e che tale processo partecipativo non deve limitarsi
agli aspetti di informazione e consultazione ma ha carattere di continuità,
strutturazione e non occasionalità”
“….Che la partecipazione diretta dei
cittadini alle scelte di trasformazione non deve
intendersi solo un’opzione politica o
culturale, ma una componente essenziale dei
processi di trasformazione urbana
finalizzati alla qualità, alla trasparenza e alla coesione
sociale, partendo dal principio che la
“città vera è quella degli abitanti” e non quella
delineata dal suo perimetro”…..
Insomma
in quel lontano Regolamento si parla di partecipazione diretta ed inclusiva,
informata ed aperta “al fine di migliorare la struttura urbana della città, la
qualità della vita e produrre inclusione sociale”.
Non
pare che si stia andando verso quella strada.
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