martedì 18 aprile 2017

Il processo partecipativo è un’altra cosa



Non si confonda la democrazia diretta con la partecipazione consapevole alla determinazione delle scelte
La democrazia partecipata non è solo un click

di Paolo Gelsomini

Unanota della sindaca Virginia Raggi e dei consiglieri del M5S di Roma Capitale annuncia che dopo 23 anni dall’ultimo regolamento in materia di partecipazione popolare è stata presentata una proposta di delibera di modifica dello Statuto di Roma Capitale per introdurre nuovi strumenti di democrazia diretta: referendum propositivo, abrogativo e consultivo senza quorum, bilancio partecipativo, petizioni popolari elettroniche e consultazioni online.

Bastano questi istituti, peraltro già previsti dalla Deliberazione del Consiglio Comunale n. 101 del 14 giugno 1994,  per parlare di partecipazione polare inclusiva ai processi di trasformazione ed alla gestione dei servizi?

E’ sufficiente integrare con una piattaforma elettronica i suddetti istituti, rendendo tutto digitalizzato, per portare “i cittadini e le comunità locali a governare la città”?

L’”intelligenza collettiva del web” è espressione di consenso o di dissenso, pronunciamento, parere, voto. Perché chiamarla “intelligenza collettiva”?  E’ una sommatoria di volontà espresse con un click in perfetta solitudine e quasi sempre senza un reale e largo confronto sociale.

L’intelligenza collettiva viene dal confronto, dal conflitto dialettico, dall’ascolto, dalla trasformazione di idee e proposte maturate all’interno di veri forum partecipativi. Il web può essere solo un supporto dei forum ma non li può sostituire perché la platea elettronica è autoreferenziale e limitata socialmente e tecnicamente a gruppi di cittadini escludendone altri. 
Un  forum di partecipazione ha bisogno di un facilitatore, scelto all’interno del forum stesso, capace di gestire i conflitti e di arrivare a soluzioni possibilmente condivise o comunque ad individuare soluzioni alternative supportate da valide motivazioni da sottoporre agli organismi istituzionali in quanto soggetti decisori finali.


Spesso tra soggetti in rete ci si scambia insulti più che informazioni, affermazioni apodittiche più che idee compiute da confrontare, certezze dannose più che  salutari dubbi.

Si può stare soli dentro una cabina elettorale ed anche davanti ad un computer, ma per forme di democrazia indiretta quali quelle del voto politico o amministrativo, o per forme di democrazia diretta come i referendum (senza quorum come dice la nota della Sindaca?) e le petizioni. Non si può stare soli in un processo partecipativo.

Il processo partecipativo è un’altra cosa e non è uno strumento di democrazia diretta. 

A dimostrazione dell’amnesia riguardo alla partecipazione, la nota della Raggi e dei consiglieri M5S esordisce affermando che l’ultimo regolamento in materia di partecipazione popolare è di ben 23 anni fa dimenticandosi di dire che nel 2006 è stato varato un Regolamento per l'attivazione del processo di partecipazione dei cittadini alle scelte di trasformazione urbana, con Delibera del Consiglio Comunale n.57, che, pur se caratterizzato dal suo supporto al Piano regolatore Generale del Comune di Roma varato in quegli anni, è pur sempre un testo che offre da oltre dieci anni al Comune l’opportunità di varare regolamenti attuativi della partecipazione che non sono mai arrivati. E questo che sta per arrivare, targato M5S, non ne interpreta certo il contenuto né tantomeno lo arricchisce.

Quel Regolamento della delibera 57 del 2006, tra l’altro contiene nelle premesse i seguenti contenuti ampiamente condivisibili:

“…. Che, per processo partecipativo, si intende il coinvolgimento di tutti gli attori sociali, che sia pienamente inclusivo e non limitato a categorie sociali o gruppi economici e/o gruppi organizzati e associazioni e che tale processo partecipativo non deve limitarsi agli aspetti di informazione e consultazione ma ha carattere di continuità, strutturazione e non occasionalità”
“….Che la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte di trasformazione non deve
intendersi solo un’opzione politica o culturale, ma una componente essenziale dei
processi di trasformazione urbana finalizzati alla qualità, alla trasparenza e alla coesione
sociale, partendo dal principio che la “città vera è quella degli abitanti” e non quella
delineata dal suo perimetro”…..

Insomma in quel lontano Regolamento si parla di partecipazione diretta ed inclusiva, informata ed aperta “al fine di migliorare la struttura urbana della città, la qualità della vita e produrre inclusione sociale”.

Non pare che si stia andando verso quella strada.

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